Stress, salute e prestazioni
Siamo ormai tutti consapevoli del legame tra stress mentale e benessere. Negli ultimi tempi, molte ricerche stanno verificando questa connessione cruciale. La ricerca ora ci dice chiaramente che la rabbia, l’ansia e l’inquietudine estendono significativamente il rischio di malattie cardiache, incluso l’arresto cardiaco improvviso. Un lungo studio condotto dal Dott. Hans Eysenck e dai suoi colleghi dell’Università di Londra ha dimostrato che lo stress emozionale cronico, quando non gestito correttamente, può essere causa di cancro e malattie cardiache sei volte di più rispetto al fumo di sigaretta, al colesterolo alto e alla pressione alta.
Per capire meglio le interazioni tra i pensieri, le emozioni e il benessere fisiologico e psicologico, un esempio interessante è la curva dell’eccitazione-prestazione, che aiuta a chiarire le relazioni tra lo stimolo emozionale, la prestazione (la capacità di fare ciò che dobbiamo) e la salute.
Alcuni individui hanno un maggiore potenziale di rendimento rispetto ad altri, ma viene meno quando lo sforzo e lo stress li portano aldilà della loro tolleranza. Oggi, si sta molto attenti affinché la persona non arrivi a quella fase, conosciuta nella Medicina dello Sport come “sovraffaticamento”. Se i fattori di stress persistono oltre il primo stadio, l’individuo perde energie, resistenza, vigore e la prestazione fallisce. I sintomi di questa “stanchezza emozionale” sono gli stessi visti nell’affaticamento cronico.
Questa condizione può essere descritta meglio come uno stato di estremo esaurimento omeostatico dal quale ci si può riprendere con misure riabilitative precise. Chi ha raggiunto questa condizione spesso dimostra affaticamento o indebolimento del sistema nervoso autonomo, che può essere controllato con le misurazioni del battito Cardiaco.
La tolleranza allo stress varia da persona a persona. Chi ha un alto indice di sopportazione può fare di più e per lunghi periodi senza arrivare a problemi omeostatici. Viene giudicato “forte” o “resistente” chi ha capacità di controllo personale verso le emozioni negative, adattamento, grande dedizione verso gli obiettivi della vita, conferma dei risultati e tantissima energia. Chi ha minore tolleranza è meno forte; è meno adatto a lottare e ad adattarsi, e ha una maggiore propensione alla stanchezza e al malessere. In ogni modo, anche chi ha un’alta tolleranza soccombe alla stanchezza e al malessere se oltrepassa i suoi limiti e supera l’apice della curva.
Il raggiungimento della stanchezza dipende dall’interazione tra la condizione iniziale di difesa di ognuno e dagli elementi di stress che mettono alla prova le capacità di sopportazione ed adattamento (figura 5). La ripresa può essere facilitata dal riposo e dal rilassamento, ma superando quel punto dovrà scontrarsi con un calo delle prestazioni e della salute. In altre parole, l’apice della curva rappresenta la linea di demarcazione tra lo stato di salute e la fatica reversibile in alto, e l’esaurimento persistente in basso.
La linea “di demarcazione”
è come un promemoria che ricorda alle persone che non bisogna andare “oltre il limite”. Quando aumenta la distanza tra la capacità effettiva e l’intenzione di compiere l’impresa, non accettando il riposo, ci si avvia verso una crescente agitazione mentale ed emozionale che conduce all’esaurimento. I movimenti oltre l’apice della curva della stanchezza e del malessere possono essere dovuti a fattori intrinseci ed estrinseci. I fattori interni includono alti livelli di rabbia, ansia, tensione, mancanza di capacità di controllo, stanchezza, senso di colpa, solitudine e insoddisfazione.
I fattori di stress ambientali
come rilevanti cambiamenti sociali possono portare le persone oltre la soglia della tolleranza fisiologica. Anche l’ambiente di lavoro può avere un impatto significativo sulla salute. Per esempio, Beale e Nethercott studiarono per due anni dei lavoratori dal momento in cui comprendevano una minaccia verso il proprio posto di lavoro fino all’effettiva perdita dell’impiego. Essi hanno evidenziato un aumento del 150% nelle visite al medico di famiglia, il 70% in più di episodi di malattia, il 160% in più di visite in ambulatori ospedalieri e un incremento del 200% nella frequentazione di ambulatori clinici. Numerosi altri studi hanno anche dimostrato che l’insoddisfazione lavorativa può comportare attacchi cardiaci.